Si è da poco concluso a Montreal, Canada il congresso 2023 della Società Internazionale di Emostasi e Trombosi (ISTH), dove sono stati presentati e discussi gli ultimi aggiornamenti nel campo delle malattie emorragiche e trombotiche. È stato anche il primo congresso come Presidentessa della Prof.ssa Peyvandi, direttrice del Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi.
La Prof.ssa Peyvandi, come presidente dell’ISTH, ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti durante la cerimonia di apertura e ai giovani ricercatori durante la sessione “Early Career”. Ha invitato e incoraggiato il giovane ricercatore nel campo della trombosi e dell’emostasi ad essere più coinvolto nelle discussioni scientifiche durante il congresso. Ha anche menzionato il suo sforzo per aumentare i finanziamenti per la ricerca destinati ai professionisti all’inizio della carriera.
Importante è stato il contributo dei ricercatori del Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi che hanno mostrato i risultati di alcuni studi e ricerche condotte al Centro, in particolare sono stati accettati 8 contributi come comunicazioni orali e 13 come poster, oltre a 2 importanti interventi della Prof.ssa Peyvandi.
La Prof.ssa Peyvandi ha affrontato il tema del ruolo delle terapie non sostitutive nei disturbi emorragici diversi dall’emofilia. Ha affermato che le terapie non sostitutive hanno un potenziale esaltante sia per i pazienti con e senza inibitore sia per quelli senza farmaci disponibili. Questi nuovi trattamenti possono fare una profonda differenza nella qualità della vita dei pazienti. La Prof.ssa Peyvandi ha infine incoraggiato tutti i medici e i ricercatori ad impegnarsi nello studio delle terapie non sostitutive per capire meglio come utilizzarle in questo tipo di pazienti, visto che pazienti con deficit di fattore V e II non hanno ancora a loro disposizione nemmeno un prodotto specifico.
Inoltre durante la riunione dell’SSC sulla Terapia Genica in Emofilia, la Prof.ssa Peyvandi ha discusso della necessità di procedure di standardizzazione per la valutazione di alcuni parametri relativi alla terapia genica. Gli studi clinici hanno dimostrato che la terapia genica per l’emofilia ha il potenziale per migliorare significativamente la cura dell’emofilia consentendo l’espressione a lungo termine del fattore mancante a livelli terapeutici dopo una singola infusione del costrutto di terapia genica. Tuttavia, l’organizzazione del periodo di follow-up e il modo in cui i pazienti vengono selezionati sono fondamentali per una terapia sicura. Diverse procedure devono essere standardizzate per la valutazione a lungo termine di efficacia e sicurezza, e questo è ciò che il gruppo di lavoro SSC sulla terapia genica cerca di fare.
Il Prof. Vincenzo La Mura, docente di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Milano, ha discusso i risultati del programma di screening epatologico in persone con emofilia e storia di pregressa infezione da HCV eseguito presso il nostro Centro. L’intervento ha portato alla osservazione dei centri di emofilia internazionali l’importanza di una stretta collaborazione degli specialisti di area internistico-ematologica con gli epatologi. Lo screening ha infatti evidenziato l’esistenza di un rischio residuo di progressione di malattia di fegato dovuto principalmente a una malattia steatosica su base metabolica e/o alcolica. Lo screening ha anche individuato un numero non trascurabile di pazienti con necessità di intervento specialistico legato al riscontro di complicanze epatologiche quali la presenza di varici esofagee a rischio di rottura per ipertensione portale e tumore primitivo epatico con necessità di trapianto.
Il Dott. Omid Seidizadeh, dottorando presso l’Università degli Studi di Milano, ha presentato i suoi dati sulla prevalenza basata sulla popolazione e sul panorama mutazionale della malattia di von Willebrand (VWD) utilizzando database genetici su larga scala. Studiando i dati dell’esoma e del genoma di 141.456 individui raccolti dal genome Aggregation Database (gnomAD), i suoi risultati hanno mostrato che la vera prevalenza di VWD è significativamente più alta di quanto riportato. Inoltre, ha dimostrato che la prevalenza di VWD differisce tra le varie etnie in tutto il mondo. Ha concluso che “Il nostro studio rivela di recente che esiste una prevalenza considerevolmente superiore al previsto di alleli che causano malattie e varianti VWF associate a VWD, il che suggerisce che un gran numero di pazienti VWD non sono ancora diagnosticati e quindi sottotrattati“. Omid ha anche ricevuto il premio “Early Career Travel” dagli organizzatori del congresso.
La Prof.ssa Roberta Gualtierotti, docente di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Milano, ha presentato i dati preliminari di validazione di uno score di ecografia osteoarticolare nei pazienti con malattia di Von Willebrand in cui ancora oggi la salute articolare è spesso poco considerata. Inoltre durante un suo intervento alla riunione del sottocmitato SSC FVIII, FIX and RCDs, la Prof.ssa Gualtierotti ha discusso i suoi risultati sull’utilizzo dell’ecografia muscoloscheletrica per il riconoscimento precoce del sanguinamento articolare e la diagnosi differenziale del dolore articolare acuto nei pazienti emofilici, oltre che per la valutazione della gravità dell’artropatia emofilica in termini di sinovite e danno osteocodrale. Ha discusso quindi della necessità di stabilire definizione condivisa delle caratteristiche ecografiche del sanguinamento articolare e delle complicanze articolari associate per identificare il danno articolare precoce e sollecitare una gestione personalizzata.
Il Dott. Pasquale Agosti, Ricercatore Universitario presso l’Università degli Studi di Milano, ha presentato i dati di due studi di ricerca clinica realizzati presso il Centro. Il primo, finanziato da Bayer Haemophilia Awards Program (BHAP), mira a definire i livelli minimi di FVIII necessari a prevenire l’insorgenza di emartri nei pazienti con emofilia A lieve. Il secondo studio, condotto nella coorte di pazienti con porpora trombotica trombocitopenica acquisita immuno-mediata, mira a stimare l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori in questi pazienti durante la remissione clinica e a descriverne i principali fattori di rischio correlati.
La Dott.ssa Samin Mohsenian, dottoranda presso l’Università degli Studi di Milano, ha presentato i risultati basati sullo studio internazionale PRO-RBDD che ha studiato le caratteristiche cliniche e genetiche di 123 pazienti con disturbi congeniti del fibrinogeno (CFD), sia qualitativi sia quantitativi. Ha dimostrato che le complicanze ostetriche sono più comuni nella forma qualitativa. Una forte associazione tra attività del fibrinogeno e gravità del sanguinamento è stata vista nella CFD quantitativa, mentre nessuna associazione tra età della diagnosi e gravità del sanguinamento è stata trovata nella CFD sia quantitativa sia qualitativa. Samin ha anche trovato un totale di 91 varianti genetiche. Samin ha anche ricevuto il premio “Early Career Travel” dagli organizzatori del congresso.
La Dott.ssa Syna Miri, dottoranda presso l’Università degli Studi di Milano, ha presentato i risultati dello studio PUP-SWITCH, volto a valutare la sicurezza in termine di presenza o meno di rischio maggiore di immunogenicità nel momento del cambio di prodotto dopo 50 esposizioni al fattore VIII (FVIII), dalla classe dei prodotti plasma derivati alla classe dei ricombinanti, in bambini precedentemente non trattati con emofilia A grave che vengono messi in profilassi con FVIII. Lo studio ha coinvolto 87 pazienti in 16 centri localizzati in Iran, Turchia, Egitto e Germania e ha dimostrato che tale cambio di prodotto (switch) è sicuro, non avendo introdotto un rischio maggiore di immunogenicità. Tale strategia di switch permetterebbe di combinare i vantaggi di ambedue le classi di prodotto: la bassa immunogenicità nelle prime 50 esposizioni del prodotto plasma-derivato e l’assenza di rischio di infezioni virali, la disponibilità illimitata e indipendente dalle donazioni di sangue e soprattutto la possibilità di utilizzo di prodotti ad emivita prolungata nel caso del prodotto ricombinante.
La dott.ssa Addolorata Truma, specializzando in Medicina Interna presso il Centro, ha presentato i risultati di uno studio condotto nella coorte di pazienti con porpora trombotica trombocitopenica acquisita immuno-mediata, che mira a stimare l’incidenza di stroke ischemico in questi pazienti durante la fase acuta del primo episodio e a descriverne i principali fattori di rischio correlati. Questo studio suggerisce l’importanza del neuroimaging in questo setting di pazienti a prescindere da sesso, età e fattori di rischio cardiovascolari. Addolorata ha anche ricevuto il premio “Early Career Travel” dagli organizzatori del congresso.
La Prof.ssa Ilaria Cutica, docente di psicologia dell’Università degli Studi di Milano, ha presentato un poster con i risultati di uno studio condotto su 85 pazienti con emofilia A e B volto a indagare le loro conoscenze, aspettative e preoccupazioni verso la terapia genica. I risultati hanno mostrato che i pazienti hanno una scarsa conoscenza della terapia genica, in particolare relativamente agli aspetti pratici e tecnici del suo funzionamento (incluso, ad esempio, il fatto che si svolga tramite una sola infusione). Qualora la possibilità di sottoporsi a terapia genica fosse loro proposta dai medici di riferimento, solo il 49% del campione accetterebbe. I dati indicano inoltre che a una migliore conoscenza della terapia genica corrisponde un aumento della disponibilità a sottoporvisi. L’attrattività maggiore della terapia genica è rappresentata dalla possibilità di non dover più fare infusioni e dalla riduzione degli episodi emorragici, mentre le preoccupazioni maggiori sono la possibilità che il trattamento non sia efficace, e i potenziali effetti avversi a lungo termine. In conclusione, piani educativi efficaci sono cruciali per aumentare la conoscenza della terapia genica in modo da dare la possibilità ai pazienti di effettuare una decisione consapevole e informata, e per rispondere in modo adeguato alle loro preoccupazioni.
La Dott.ssa Sara Arcudi, medico internista presso il Centro, ha presentato in un poster i dati sui fattori di rischio per sanguinamento articolare spontaneo nei pazienti affetti da emofilia A in profilassi con terapie non sostitutive. In breve, l’analisi dei dati raccolti grazie ai nostri pazienti ha dimostrato che la presenza di sinovite prima dell’avvio della profilassi con terapia non sostitutiva può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di nuovi sanguinamenti articolari spontanei.
Il Dott. Juri Giannotta, medico ematologo del Centro, ha presentato in un poster i risultati di una survey nazionale sull’uso di bortezomib in pazienti affetti da porpora trombotica trombocitopenica immuno-mediata (TTP) non responsivi a rituximab. Dalla raccolta dei dati provenienti da 11 centri italiani, è emerso che 8 pazienti multirefrattari su 13 hanno risposto al bortezomib, farmaco immunomodulante utilizzato anche in altre malattie autoimmuni, al momento off-label. La terapia è stata nel complesso ben tollerata. Questi risultati preliminari aprono la strada ad ulteriori studi con farmaci sperimentali immunosoppressori per trattare quella piccola, ma clinicamente importante, porzione di pazienti con TTP che non rispondono alle terapie convenzionali.
La Dott.ssa Maria Abbattista, ricercatore sanitario presso il Centro, ha presentato un poster dal titolo “Edoxaban for acute and long-term treatment of venous thromboembolism: real-life data from a single center cohort study” sulla performance real-life presso il nostro centro di edoxaban, ultimo DOAC immesso in commercio in Europa, aggiungendo evidenze sul suo utilizzo per il trattamento di VTE in sedi inusuali e in presenza di anomalie trombofiliche.
La Dott.ssa Maria Teresa Pagliari, ricercatore sanitario presso il Centro, ha presentato un poster che riportava la caratterizzazione di quattro pazienti affetti dalla malattia di von Willebrand di tipo 2B, portatori della stessa mutazione. Ha spiegato come questa mutazione è verosimilmente insorta de novo, in almeno due dei quattro pazienti, in quanto si tratta di una mutazione prima assente nell’ambito delle rispettive famiglie di pazienti.
La Dott.ssa Ilaria Mancini, biotecnologa presso il Centro, ha presentato due poster. Il primo riguardava uno studio di valutazione prospettica di una metodica automatizzata per la misurazione dell’attività di ADAMTS13 basata sulla chemiluminescenza e di recente introduzione sul mercato. Tale metodica si è dimostrata valida quando confrontata con un metodo di riferimento, basato su tecnologia FRET. Il secondo poster riguardava uno studio di associazione genetica volto ad analizzare dei fattori di rischio genetici, noti e non, di malattia coronarica acuta ad esordio giovanile nella popolazione iraniana. Dieci su 25 varianti genetiche analizzate sono state trovate associate. Tre di queste erano state precedentemente implicate nella trombosi venosa ma non nella trombosi arteriosa.
Oltre al lavoro, alle discussioni e alla scienza, non sono mancati anche i momenti di divertimento!!!
COMPLIMENTI A TUTTO IL GRUPPO PER QUESTI IMPORTANTI TRAGUARDI!